Dimissioni per fatti concludenti
- GABRIELE SATTA

- 10 apr
- Tempo di lettura: 2 min
Con l’entrata in vigore della Legge n. 203/2024 (il cosiddetto Collegato Lavoro), il panorama delle risoluzioni del rapporto di lavoro si arricchisce di un nuovo strumento: l’istituto delle dimissioni per fatti concludenti. Si tratta di una procedura innovativa che consente al datore di lavoro di attivare una forma di cessazione del rapporto in presenza di prolungate assenze ingiustificate del dipendente, senza dover ricorrere al più complesso licenziamento disciplinare.
Cosa prevede la norma
Secondo quanto stabilito dalla legge, il datore di lavoro può avviare questa procedura qualora il lavoratore si assenti in modo ingiustificato oltre i termini di conservazione del posto previsti dal contratto collettivo nazionale di riferimento (CCNL).
Nel caso in cui il CCNL non preveda espressamente un termine, si applica il limite generale di 15 giorni consecutivi di assenza ingiustificata.
L’assenza prolungata e non giustificata viene letta, secondo l’impostazione normativa, come una manifestazione tacita ma inequivocabile della volontà del lavoratore di non proseguire il rapporto di lavoro: da qui il concetto di “fatti concludenti”.
L’intervento dell’INL: Nota n. 579/2025
A chiarire le prime modalità operative di applicazione è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la nota n. 579/2025, che fornisce indicazioni fondamentali per una corretta gestione della procedura da parte del datore di lavoro.
I punti salienti:
• Verifica dell’effettiva assenza ingiustificata: il datore è tenuto a dimostrare di aver tentato di contattare il dipendente e di non aver ricevuto alcuna giustificazione valida o certificata.
• Documentazione obbligatoria: sarà necessario conservare copia delle comunicazioni inviate al lavoratore (es. PEC, raccomandate A/R), nonché eventuali rapporti informativi interni.
• Comunicazione al lavoratore: prima di procedere con la formalizzazione delle dimissioni per fatti concludenti, è opportuno inviare una diffida preventiva in cui si chiede al dipendente di rientrare in servizio o fornire idonea giustificazione.
• Registro e tracciabilità: l’INL raccomanda una puntuale tracciabilità dell’intero iter, utile anche in caso di contenzioso.
Un’alternativa strategica per i datori di lavoro
Questa nuova procedura rappresenta una via alternativa al licenziamento disciplinare, in quanto semplifica e riduce i margini di contenzioso, purché venga rispettato l’iter e vengano rispettati i diritti di difesa del lavoratore.
Resta inteso che l’onere della prova circa l’effettiva volontà di abbandono del posto di lavoro grava sul datore: per questo motivo, sarà fondamentale procedere con la massima attenzione e con il supporto di consulenti del lavoro esperti.




